martedì 25 gennaio 2011

I 25 comandamenti della buona scrittura

Ieri sono andato sul blog di Luisa Carrada, come faccio quasi ogni giorno da circa 5 anni. E' una specie di profilassi che spero possa affrancarmi dal disagio della mia ignoranza, che essendo vasta e perniciosa risulta difficile da debellare.

Come spesso accade, in quel luogo ho trovato una perla scovata da Luisa, ossia i 25 Comandamenti del Giornalista di Tim Radford, pubblicati sul Guardian e tradotti in italiano da Libertà di Stampa Diritto all'Informazione.

Indipendentemente dal fatto che scriviate per mestiere o per diletto, sono 25 ottime regole degne di attenzione dalla prima all'ultima.

Ma io sono stato colpito da un frammento del comandamento N° 20:

Mosè non disse al Faraone: 
"La conseguenza della mancata liberazione della popolazione di un particolare soggetto etnico potrebbe determinare alla fine qualche particolare affezione alle colonie di alghe nel bacino centrale del fiume, con delle conseguenze impreviste per la flora e la fauna, e anche per i servizi ai consumatori". 

Disse invece: 
"...le acque del fiume…si trasformeranno in sangue, e i pesci del fiume moriranno, e il fiume puzzerà".

Ogni Technical Writer che passeggia sul globo dovrebbe stampare questa frase in grassetto, font 20, Verdana, su un foglio A4, per poi appenderlo in prossimità della propria postazione di lavoro.

Quante volte vi siete imbattuti in avvocati che parlano e scrivono "in legalese", in medici che usano "il medichese", in ingegneri che comunicano "in ingegnerese"?

Il linguaggio "della casta" serve a mantenere e trasmettere una sorta di potere esclusivo e miserevole, così lontano dalla lingua italiana quanto dalla ragionevolezza. Chi scrive usando questi linguaggi inventati, semplicemente non sa scrivere.

Proviamo a praticare le regole di Radford e proviamo ogni giorno ad imparare una cosa nuova per comunicare meglio.

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4 commenti:

Giovanni ha detto...

Bellissima citazione e blog davvero interessante.
Asserire però che avvocati, medici ed altri liberi professionisti non sappiano scrivere solo perché ricorrono a formule estranee ai più mi sembra eccessivo e paradossale.
La lingua italiana è così ricca che non può ridursi a soggetto, predicato e complemento.
Non sanno sicuramente scrivere coloro che non sanno tradurre le proprie idee per iscritto.
Tuttavia se un tipo di registro linguistico ci appare IGNOTO, non si può certo colpevolizzare chi lo usi...sarebbe alquanto presuntuoso sostenerlo.

Alèxandròs ha detto...

Ciao Giovanni. Mi rendo conto che a volte, per amore di sintesi, peraltro necessaria in un post che non può superare un certa dimensione, si rischia di esprimere qualcosa che va oltre le intenzioni. Allora ti faccio un esempio: se un medico parla di un farmaco anti-emetico in una conferenza scientifica a cui partecipano altri medici, si sta esprimendo con la giusta proprietà in linguaggio "medico" e in un contesto in cui quel linguaggio è adatto e può essere recepito. Ma se IO vado dal medico perchè ho nausea e vomito, il medico mi deve prescrivere un farmaco che mi aiuti a CALMARE IL VOMITO, non mi deve prescrivere un ANTI-EMETICO, perchè:
- io non sono un medico
- io sto male
- IO HO IL DIRITTO di capire cosa mi viene prescritto E NON HO VOGLIA DI CONTRATTARE NULLA sui miei diritti e NON VOGLIO APRIRE UN VOCABOLARIO per capire un medico che, in questo caso, si esprime "in medichese".
E' corretto che ogni settore ed area professionale abbia un suo linguaggio tecnico "specifico". Ma bisogna saperlo modulare in base al contesto. Quando 2 avvocati parlano tra di loro, possono usare la loro terminologia; quando parlano con me HANNO IL DOVERE di usare un linguaggio comprensibile.
Ci sono decine di atti e documenti ufficiali della Comunità Europea che PRESCRIVONO l'uso di un linguaggio chiaro e semplice (plain language) nella redazione delle leggi e delle normative che poi sono al servizio di tutti noi. Attento Giovanni: avrei potuto scrivere "un linguaggio scevro di inusuali terminologie settoriali e specificità contestuali inerenti al campo d'applicazione delle normative". Un'epressione di questo tipo tu la ritieni accettabile? Ti darei l'impressione di conoscere meglio la lingua italiana se mi esprimessi in questi termini?
Hai ragione quando dici che la lingua italiana è ricca; questo è il suo fascino ed il suo insuperabile limite strutturale. E poi il fatto che sia "ricca" non significa che dobbiamo usare inutilmente tutte le sue possibilità espressive. Poi tieni presente che io mi occupo di COMUNICAZIONE TECNICA, che è una particolare modalità di comunicazione dove EFFICACIA, SINTESI, COMPLETEZZA e CHIAREZZA sono criteri assoluti, ai quali si può sacrificare qualsiasi altro aspetto della lingua. Se un mio collaboratore scrive una frase di 8 righe, io lo obbligo a suddividerla in almeno 2 frasi da 4 righe, perchè nel 99% dei casi in tal modo otterrò maggiore chiarezza. In quest'ottica, SOGGETTO - PREDICATO - VERBO sono la santissima trinità di un comunicatore tecnico. Se vogliamo approfondire la discussione, scrivimi in privato ad alessandrostazi66@libero.it, perchè in poche righe è difficile esaurire questo argomento. Ciao e grazie per l'attenzione.

Alèxandròs ha detto...

Giovanni, tanto per rafforzare alcuni concetti, ti segnalo questa risorsa:
http://www1.agenziaentrate.it/documentazione/guide/scrittura_amministrativa/capitolo1.pdf

Alèxandròs ha detto...

ERRATA CORRIGE! Volevo dire... SOGGETTO - PREDICATO - COMPLEMENTO... naturalmente... un lettore me lo ha fatto notare e la fretta è una pessima abitudine!

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