lunedì 26 luglio 2010

L'uso dell'accento: parte prima

L'uso dell'accento è molto meno banale di quanto si possa immaginare.

Tralasciamo la casistica più ridicola e deteriore in cui rientrano tutti coloro che NON USANO GLI ACCENTI, "...perchè questa è una relazione tecnica, mica un romanzo!".

La scrittura tecnica è un particolare tipo di scrittura, che riponde a criteri e regole precise, ma sempre di scrittura in lingua italiana trattasi, quindi non esentata dal rispettare le regole della lingua italiana medesima!

E veniamo a noi che invece gli accenti li usiamo e spesso li sbagliamo, io per primo, specialmente quando non abbiamo tempo per ricontrollare accuratamente il testo dopo averlo scritto magari un po' troppo velocemente.

Operiamo una prima grande distinzione tra accento GRAVE ed accento ACUTO.

L'accento GRAVE caratterizza le parole che richiedono una pronuncia "aperta": narghilè, piè, caffè, canapè, cioè...
La grafia dell'accento grave è inclinata a sinistra: à, è, ì, ò ù.

L'accento ACUTO caratterizza le parole con pronuncia "chiusa": perché, ventitré, nonché, viceré, poté, mercé...
La sua grafia è inclinata a destra.

Le vocali a, i, o, u vogliono sempre l'accento GRAVE se sono poste al termine di una parola accentata.

Es.

- andrò in città
- vedrò papà
- farò così.

Ecco alcuni esempi in cui la vocale finale 'e' vuole l'accento GRAVE:

- verbo essere: è
- nomi di origine straniera: caffè, narghilè, tè
- nomi propri: Noè, Giosuè
- nelle parole: cioè, ahimè, ohimè, piè

Altri esempi in cui la vocale finale 'e' vuole l'accento ACUTO:

- nel passato remoto: poté, ripeté
- nei composti di che: perché, affinché, benché
- nei composti di tre: ventitré
- nei composti di re: viceré

Una schematizzazione a parte merita l'uso dell'accento distintivo sui monosillabi, ma ne parleremo nel prossimo post.

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